Con un’amica si parla di noi e del mare e di Nizza e dell’azur della Côte d’Azur e a lei piace l’idea di noi vicine, di noi vicine vicino al mare. Mi scrive: 💙 vicinanza 💙 in mezzo a due cuori blu come le onde del mediterraneo francese, ed è in francese che mi viene il dubbio che la vicinanza non esista e quando controllo il dizionario me lo conferma, e allora mi chiedo (se questo non rifletta l’identità profonda di un ‘popolo’ e) come faccia un poeta a tradurla e la cerco su internet in Caproni, per trovare un testo e poi vedere come l’han tradotto.
Ma pare Caproni non abbia mai parlato di vicinanza. L’ha vissuta però, con Pasolini. E l’articolo parla anche della colleganza – che mi sembra un’altra parola bellissima – tra i poeti romani degli anni Cinquanta. E non ci avevo mai pensato al campo semantico della parola collega…
E gliela attribuiscono, con Mario Pompilio: in un articolo che parla anche di verità da fare riaggallare… E con Testori su un post di CL di cui non vorrei mettere il link e che però è un bel post leale, per cui Caproni è stato appunto <<uno dei segni della possibile lealtà della poesia nei confronti dell’esistenza. Uno di quelli che ha tolto il “ma” che troppi discorsi e troppi professori solevano mettere, per dare una definizione che suonasse contemporanea, dopo il termine “poeta”. Poeta senza “ma”>>.
Io passo un brutto pomeriggio immersa in belle pagine di lingue e letterature, in un mare di inchiostro ogni onda una parola e ringrazio che mi sia venuto su quest’amore infinito per il testo scritto, non importa dove e come.